Si vive meglio senza le virgolette. E diciamolo, senza timore di offendere nessun utilizzatore abusivo della punteggiatura. Chi l’ha insegnato? Raffaele Crovi e Giuseppe Pontiggia, scrittori italiani del ‘900 e anche consulenti editoriali, i quali nel lontano 1984 furono maestri e organizzatori dei primi corsi di scrittura creativa in Italia, che ebbero luogo al Teatro Verdi di Milano: corsi annuali in cui prima di tutto si imparava a leggere, navigando nella letteratura di tutti i tempi.
E dopo, si ragionava sulle regole da rispettare per scrivere e farsi leggere, prima tra tutte “Mai le virgolette”: ovvero (come in questo caso) bisogna usarle soltanto a proposito, cioé per definire un enunciato, una citazione, un soprannome. Perché?
Perché – dicevano Crovi e Pontiggia – le virgolette usate in tutti gli altri casi invece interrompono la lettura, mettono a disagio il lettore e gli fanno perdere la tensione emotiva suscitata da quel contenuto. Scrivere per esempio di una “casa” in cui possono ritrovarsi i sinceri democratici, oppure di una proposta per i “giovani”, sortisce l’effetto di far fermare chi legge per chiedersi “In che senso?” (quest’ultimo, invece, uso appropriato), rendendo confuso il messaggio. I bravi scrittori queste cose le sanno. Ma tanti giornalisti e comunicatori invece no. E qualche volta, il giornalismo e la comunicazione hanno molto bisogno di essere efficaci. Forse ancora di più della letteratura.
Non cura solo il mal di schiena, ma anche gli organi interni: problemi digestivi, neurologici, persino odontoiatrici e anche psicologici. Chi l’ha provata sa che l’osteopatia è una terapia molto efficace per risolvere i disturbi più disparati – emicrania, insonnia, sinusite – con poche sedute e sempre rispettando l’unità tra corpo, mente e spirito. 

Chissà se è consapevole del fatto che il gioco d’azzardo è una vera malattia: una dipendenza governata da un certo tipo di recettori cerebrali del sistema limbico ben visibili attraverso la PET (come illustra la foto), gli stessi che governano il consumo di oppiacei, l’alcolismo, e anche l’addiction scatenata da un certo tipo di cibo, quella che provoca l’obesità. Invece che favorire buone pratiche – e bisognerebbe cominciare proprio da un serio programma di nuova economia alimentare! – si preferisce favorire le lobby dell’addiction. Orrore. 



