Altro che 8 marzo!

10959504_10153129067412608_2812934592422268557_nBasta la lettura di questo libro a scardinare per sempre tutta la retorica delle mimose che si è consumata per anni ad ogni angolo di strada, nelle pizzerie, nei finti salotti di convenienza politica quando Berlusconi era al Governo. Troppo facile. È tutto ben spiegato e raccontato da Ida Dominijanni, fino a qualche anno fa editorialista del Manifesto, e adesso research fellow alla Society for the Humanities di Ithaca, negli Stati Uniti. Le fa eco due giorni fa l’opinione di un’altra importante femminista storica come Lea Melandri su Internazionale in un post intitolato «Contro l’8 marzo» in cui afferma: “Oggi, di fronte ai rimasugli penosi che escono dalle radio, dalle televisioni e dai giornali, (…) ho un desiderio forte e deciso: che non se ne parli più; che nessuna data venga d’ora innanzi a fare da velo a uno dei rapporti di potere che oggi, molto più che in passato, appare scopertamente come la base di tutte le forme di dominio che la storia ha conosciuto, nella nostra come nelle altre civiltà;”.

 Il Trucco svela tanti aspetti non dibattuti dai media mainstream, primo tra tutti «il tentativo di restaurazione modernizzata dei ruoli sessuali tradizionali» che hanno caratterizzato tanto «il regime di godimento di Berlusconi» (godimento finto e dannoso, ndr), quanto «il regime del rigore dei successivi esperimenti di governo (e tantopiù l’oscillazione fra i due che sembra caratterizzare il governo Renzi)».

Vengono in mente le Ministre Carfagna, Gelmini. E poi Fornero, Cancellieri. Infine Boschi, Madia, Bonafè e tutte le deputate che sembrano recitare a memoria la parte nei talk show televisivi per rappresentare il Capo (il famoso capo carismatico di Marcuse? mah) di una supposta scena politica post-patriarcale sempre più uguale nella sua ingiustizia neoliberista, non morale, discriminatoria.

Ricordo di aver scritto qualcosa di simile per l’8 marzo di due anni fa in omaggio alla cara Isotta Gaeta, donna coraggiosa che ha per sempre un posto speciale nel mio cuore perché mi ha insegnato tanto. Evidentemente, non è cambiato niente. Per fortuna ci sono queste pensatrici, che rievocano la preziosa eredità «della politicizzazione del personale, dell’etica del desiderio, della rivoluzione dei ruoli sessuali, dell’affermazione del nesso fra sessualità e politica messe in campo dalle soggettività ribelli». Viva l’intelligenza, al femminile. E buona lettura.

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Un esempio dalla Francia

Da quindici anni d’estate vado in vacanza nel Sud della Francia in questo posto qui:
Trascorro il mese di agosto a stupirmi del fatto che le strade sono pulite, che non ci sono cartelloni pubblicitari a deturpare il paesaggio, che il vino buono e genuino si compra dai produttori e costa poco, che il mare è limpido e non inquinato; che le spiagge sono libere e a disposizione di tutti, ma ogni pochi metri c’è un cestino della spazzatura ben utilizzato; che i bambini sono educati e non urlano.
Passo vacanze meravigliose perché quasi mai capita di provare fastidio per qualcosa, tutto è di buon gusto e si respira un’aria di bene comune da tutelare come ricchezza collettiva. E poi, se c’è qualcosa che non va, c’è sempre nelle vicinanze un autorevole gendarme che mette a posto la situazione senza abusare del suo potere. Specifico che i gendarmes francesi, al pari degli operatori ecologici che ogni mattina lavano il selciato del paesino con gli idranti, in genere sono anche uomini attraenti e piuttosto spiritosi. Come mai? Un’altra cultura. Devo aggiungere, purtroppo, che quando c’è qualcuno che urla in spiaggia per sgridare i bambini,  che parcheggia in doppia fila o che ascolta la musica a tutto volume, di solito è italiano. E i francesi dicono sospirando  “Ah, les italiens..”. Brutto, ma è così.

In questo articolo sul Manifesto di ieri Anna Maria Merlo, corrispondente da Parigi, scrive che il ministro Jean-Marc Ayrault ha indetto un comitato interministeriale per i diritti delle donne, perché “l’obiettivo di Hollande è di agire in favore dell’eguaglianza”. Leggo che è stato annunciato un decreto legge con una serie di nuove norme, per esempio:

  • Punire le differenze di salario tra uomini e donne per un eguale lavoro
  • Lotta contro gli stereotipi sessisti fin dall’asilo con un piano che si chiama Abcd dell’eguaglianza
  • Poteri all’autority sulla pubblicità per evitare immagini degradanti delle donne
  • Garanzia di presenza femminile tra gli esperti del Csa (Consiglio superiore dell’audiovisivo) per vigilare
  •  Procedure penali più semplici e veloci per punire la violenza contro le donne (che come ormai sappiamo è correlata al degrado dell’immagine femminile nei media)
  • Nuove regolamentazioni del part-time e del congedo maternità

È giusto sottolineare anche che la Francia di oggi, che corre ai ripari sulla disparità di genere, è soltanto al 57° posto nel Global Gender Gap Report 2012 (che è la classifica mondiale del sessismo redatta dal World Economic Forum). Non è scivolata all’80° posto come l’Italia. Ricordiamo, tanto per capire, che la Germania è al 13°, la Spagna al 26°, il Belgio al 12°, l’Olanda all’11°, l’Austria al 20°, La Gran Bretagna al 18°, la Svizzera al 10°, la Slovenia al 38°… Per non parlare dei Paesi nordici, che detengono sempre i primi posti.

È una questione di civiltà. Perché i nostri governanti non lo capiscono? Bisognerebbe affrettarsi a intraprendere iniziative. Anche perché è già stato dimostrato che la salute dell’economia di un Paese è strettamente correlata con un modello di società più equa e inclusiva dal punto di vista dell’equilibrio di genere.

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