Politica & Società

A che cosa serve Facebook
  1. A informarsi, ma questo è ovvio: soprattutto se si scelgono bene i propri amici, e in questo caso la lettura quotidiana dei giornali può venire serenamente sostituita da notizie e commenti di prima mano che i giornalisti selezionati (ma anche i politici, gli intellettuali, i professionisti…) pubblicano ogni giorno sulla loro bacheca.images
  2. A conoscere meglio le persone: la scrittura è forse il più potente strumento rivelatore per capire con chi si ha a che fare, anche perché sono poche le persone che la sanno usare; e quindi è facile che trapelino particolari altrimenti difficili da indagare.
  3. Ad avvicinare persone lontane, e ad allontanare persone vicine (vedi punto 2): riguardo a questo aspetto, ognuno avrà il suo variopinto repertorio di esperienze gioiose e dolorose.
  4. A fare una pausa, come al bar: o come alla macchina del caffè con i colleghi, per chi ha avuto esperienza di lavoro in azienda. È vero che si perde un po’ di tempo, ma spesso dopo si ricomincia l’attività con rinnovato ardore.

Sono solo alcuni dei tanti lati positivi riservati ai frequentatori di questo social network che ha cambiato le abitudini di tutti, riducendo di molto il tempo delle telefonate per esempio (basta una breve conversazione con i messaggi privati, e ci si aggiorna, o ci si dà appuntamento senza troppi convenevoli).
Ma invece che continuare la lista di cose buone e utili che Facebook è in grado di scatenare, preferisco elencare qualcuna delle innumerevoli occasioni virtuose che mi sono capitate in questi anni di frequentazione social:

  • recuperare persone care sperdute per le vie della città o per le strade del mondo (questa è facile)
  • organizzare un aperitivo o una cena con persone che si parlavano da tanto tempo senza mai vedersi in faccia, trovandole tutte interessanti e simpatiche (e poi magari con qualcuna frequentarsi)
  • fare amicizia con Anna, intelligente e simpatica vicina di casa con la quale abitavamo da 22 anni a 100 metri di distanza senza esserci mai viste e senza sapere di avere qualche storia in comune
  • andare alla presentazione di un libro con la sconosciuta Sara, perché abbiamo interessi simili (e questo succederà mercoledì prossimo)
  • conoscere e intervistare Mara, straordinaria VegaChef dalle mille risorse
  • scoprire che un signore speciale come Franco aveva un gatto grigio non sterilizzato, ideale per accoppiarsi con la mia giovane gattina in cerca di un fidanzato per fare i cuccioli
  • programmare un weekend al mare (o anche a Londra, vediamo) con Silvia, Elena e Maria Grazia (diventate care amiche perché tanto amiche di Stefania, che non c’è più)
  • ritrovarsi a cena dalla Emy (sempre grazie a Stefania) e incrociare sorprendenti affinità elettive
  • incontrare di persona una donna meravigliosa scrittrice come Fiorella, e tutti i suoi libri da leggere uno dopo l’altro

Devo continuare? Potrei. Invece preferisco concludere affermando “A che cosa non serve Facebook”: a sfogare i propri istinti malevoli, a piombare sulle bacheche altrui per provocare, a scrutare i profili degli altri senza mai farsi vedere, a rubacchiare idee e commenti per farsi belli con le piume del pavone, a polemizzare, ad aggredire chi non la pensa come te… in questi casi, mi spiace dirlo, è opportuno bannare: per una questione di igiene mentale. Io non volevo, all’inizio. Ma poi mi ha convinto che era giusto farlo la mia amica Tiziana, che forse non avrei mai neanche conosciuto se non ci fosse stato Fb. Questo è il senso.

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Altro che 8 marzo!

10959504_10153129067412608_2812934592422268557_nBasta la lettura di questo libro a scardinare per sempre tutta la retorica delle mimose che si è consumata per anni ad ogni angolo di strada, nelle pizzerie, nei finti salotti di convenienza politica quando Berlusconi era al Governo. Troppo facile. È tutto ben spiegato e raccontato da Ida Dominijanni, fino a qualche anno fa editorialista del Manifesto, e adesso research fellow alla Society for the Humanities di Ithaca, negli Stati Uniti. Le fa eco due giorni fa l’opinione di un’altra importante femminista storica come Lea Melandri su Internazionale in un post intitolato «Contro l’8 marzo» in cui afferma: “Oggi, di fronte ai rimasugli penosi che escono dalle radio, dalle televisioni e dai giornali, (…) ho un desiderio forte e deciso: che non se ne parli più; che nessuna data venga d’ora innanzi a fare da velo a uno dei rapporti di potere che oggi, molto più che in passato, appare scopertamente come la base di tutte le forme di dominio che la storia ha conosciuto, nella nostra come nelle altre civiltà;”.

 Il Trucco svela tanti aspetti non dibattuti dai media mainstream, primo tra tutti «il tentativo di restaurazione modernizzata dei ruoli sessuali tradizionali» che hanno caratterizzato tanto «il regime di godimento di Berlusconi» (godimento finto e dannoso, ndr), quanto «il regime del rigore dei successivi esperimenti di governo (e tantopiù l’oscillazione fra i due che sembra caratterizzare il governo Renzi)».

Vengono in mente le Ministre Carfagna, Gelmini. E poi Fornero, Cancellieri. Infine Boschi, Madia, Bonafè e tutte le deputate che sembrano recitare a memoria la parte nei talk show televisivi per rappresentare il Capo (il famoso capo carismatico di Marcuse? mah) di una supposta scena politica post-patriarcale sempre più uguale nella sua ingiustizia neoliberista, non morale, discriminatoria.

Ricordo di aver scritto qualcosa di simile per l’8 marzo di due anni fa in omaggio alla cara Isotta Gaeta, donna coraggiosa che ha per sempre un posto speciale nel mio cuore perché mi ha insegnato tanto. Evidentemente, non è cambiato niente. Per fortuna ci sono queste pensatrici, che rievocano la preziosa eredità «della politicizzazione del personale, dell’etica del desiderio, della rivoluzione dei ruoli sessuali, dell’affermazione del nesso fra sessualità e politica messe in campo dalle soggettività ribelli». Viva l’intelligenza, al femminile. E buona lettura.

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Agenzia Entrate Horror Show

The-Rocky-Horror-picture-show-05Questa volta ero sicura di avere tutto (moduli compilati, copia del pagamento in banca, fotocopia documenti, bolli e controbolli aggiuntivi) secondo le istruzioni dell’impiegato piacione che ho già descritto su Facebook l’altroieri raccontando la 1a puntata della mia avventura all’Agenzia delle Entrate di Milano. Quella di oggi è la 2a, e cioè La Vendetta. Perché quando arrivo, lo sportello della corsia riservata a chi deve registrare un contratto d’affitto è vuoto: non c’è nessuno, l’impiegato piacione scomparso. Essendo pieno orario di ricevimento del pubblico, chiedo lumi alle colleghe del bancone informazioni a fianco:
– Scusi, non c’è nessuno qui?
Nessuna risposta. Ripeto la domanda. Niente. Alzo il tono di voce: “SCUSI MI PUÒ RISPONDERE PERFAVORE, C’È QUALCUNO PER REGISTRARE UN CONTRATTO D’AFFITTO?”
– Signora, le rispondo quando dico io, non quando lo chiede lei (dice una delle tre addette alle prime informazioni al pubblico)
– COOOOSAAAA????? (rispondo aumentando i decibel al massimo per farmi sentire a quel punto da tutti gli altri astanti, in modo da creare un bel casus all’istante). Benissimo, mi dà il suo nome perfavore?
– Io non sono obbligata a darle nessun nome (mentre ogni impiegato di Ente Pubblico è tenuto a presentarsi su richiesta, tutti lo sanno).

respekt-und-achtung-fremdworte-der-heutigen-z-L-t4v_GPA questo punto esce dal bancone la sua collega, che chiude la corsia riservata alle registrazioni apostrofandomi: “Si metta qui davanti alla coda delle richieste generali, lì allo sportello riservato non c’è nessuno” (intanto giustificate proteste delle persone in coda da un bel pezzo).
Riapro con le mie mani la corsia riservata – rimettendo al loro posto i piedistalli legati dai nastri – , e intanto dico, sempre a voce alta “Mi faccia parlare con un suo superiore, perfavore”, ottenendo l’immediato consenso degli astanti. Poi aggiungo: “Io sto qui e non mi muovo. Se non arriva qualcuno, chiamo i Carabinieri”.

Indovinate chi arriva? L’impiegato piacione! che si giustifica: “Non ti arrabbiare, sono qui, avevo finito il turno…” e subito verifica che (trionfo!) sono in possesso di tutti i documenti necessari. Dunque posso aspettare la chiamata allo sportello 15, codice scontrino JA50. Evviva! Ma prima gli dico che voglio parlare con qualcuno dei piani alti per denunciare l’accaduto. AETenta di dissuadermi, non ci riesce. Alcuni astanti dicono che possono testimoniare. Compila un foglio (questo qui a fianco), mi chiede un documento d’identità che mi autorizza a essere ricevuta dal Capo Area Vincenzo Caserta, e sono consapevole del fatto che rischio di perdere il mio turno allo sportello 15, ma non demordo: vado al 2° piano, e segnalo le due impiegate che si comportano in un Ufficio Pubblico come se fosse la loro panetteria personale. Aggiungo alla fine un apprezzamento per la buona volontà dell’impiegato piacione (“Ah, il Santino!” si chiama così, mi dice il signor Caserta). Pare sia il migliore.

Quando torno giù in sala d’attesa vengo accolta dal consenso empatico degli astanti: “Brava!”, “Eh, è l’Italia…”, “Guardi che non ha perso il turno, perché io ero prima di lei”, “Certo che siamo proprio messi male…”. Siamo messi male perché nessuno si ribella, dico io; le addette al bancone del pubblico adesso forse ci penseranno due volte prima di abusare del loro squallido micropotere, no? Siamo tutti qui per pagare le tasse, e paghiamo anche i loro stipendi. Annuiscono. “Sì sì, ha fatto bene!”.

Insomma, il mio contratto d’affitto è registrato, mi sembra un miracolo. In più, ho lavorato in favore della collettività. Con la soddisfazione di uscire dall’Agenzia delle Entrate come da un film dell’orrore. Ero proprio felice.

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Sibilla come Cassandra

sibilla_aleramoNon è necessaria la diagnosi di follia, e neanche l’abuso di psicofarmaci, per trovare il coraggio di ammazzare moglie e figli. Forse basta semplicemente aver paura di riconoscere i propri fantasmi interiori, e sentirsi in diritto di sfogare i propri egocentrici istinti. Lo fanno molti uomini, e non le donne. Perché? Per spiegarlo non bastano i sociologhi: è una materia da psicoanalisti, abituati a scandagliare bene gli oscuri labirinti dell’animo umano.  Ma fa venire i brividi leggere quello che scriveva Sibilla Aleramo (oltre un secolo fa!) nel suo primo romanzo (molto autobiografico), con il quale entrò nel mondo della letteratura italiana e internazionale. Una frase a pagina 116 sembra quasi il commento alle gesta del pluriomicida di Motta Visconti che ha sgozzato la sua famiglia per un’incontenibile e incoercibile voglia di libertà. Programmando il suo delitto atroce con freddezza aliena. Così almeno hanno riferito le cronache.

UnaDonna3_low«Tra le due fasi della vita femminile, tra la vergine e la madre, sta un essere mostruoso, contro natura, creato da un bestiale egoismo maschile: e si vendica, inconsapevolmente. Qui è la crisi della lotta di sesso. La vergine ignara e sognante trova nello sposo un cuore triste e dei sensi inariditi; fatta donna ed esperta comprende come il suo amore sia stato prevenuto da una brutale iniziazione. Fra i due torna spesso l’intrusa, e il solo ricordo avvilisce ogni loro bacio.»

Sibilla Aleramo, Una donna (1906)

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Fragole & Marketing

fragoleUltimamente ho comprato tante fragole, che sono buone e fanno molto bene alla salute. Mi è capitato di comprarle al mercato e talvolta al supermercato (purtroppo) dove le prendo bio anche se costano quasi il doppio: ma le altre o sono spagnole (vade retro! è il Paese che usa le più alte percentuali di pesticidi e concimi chimici in agricoltura) o sono italiane ma sembrano di plastica e infatti non hanno nessun profumo. In ogni caso, bio o non bio, il giorno dopo erano già un po’ marcette, e quindi lo scarto quasi della metà. Poi ho provato invece a comprare fragole, sempre bio o non bio, provenienti da coltivazioni delle campagne vicino a Milano: strano vero? Non ci si penserebbe che intorno alla metropoli ci sono un sacco di realtà agricole che non chiederebbero di meglio di poter vendere i loro prodotti in città: ma non soltanto negli sporadici mercatini, che bisogna andare a pescare come alla lotteria nei posti e nei tempi più astrusi.

Questa cassetta di fragole, che ho preso ieri appunto in un posto astruso, stamattina inondava la cucina di un profumo che mi ha ricordato tempi antichi: oggi ci farò una bella macedonia (con succo di mela e foglie di menta, squisita!) poi magari anche un rapida marmellata da consumare nei prossimi giorni a colazione; vien proprio voglia di catturare le proprietà organolettiche che i frutti freschi possiedono, abituati come siamo a mangiare quelli che sembrano di plastica dopo aver fatto lunghi viaggi e soste in grandi magazzini dove vengono trattati o anche irradiati/aromatizzati/gasati per maturare artificialmente e poi mantenere la loro finta freschezza. Queste invece arrivano da Cassina de’ Pecchi, hinterland milanese verso est.

1010081_591846740897451_1801751416_nAllora mi chiedo: ma perché nessuno pensa di fare politiche agricole che facilitino il commercio dei buoni frutti della terra, in modo da creare distretti urbani e periurbani efficienti? Non ci vorrebbe molto. Perché non si è pensato, anche a livello locale, che Expo sarebbe stata l’occasione perfetta per costruire questa rete di relazioni economiche virtuose? La risposta non sta soltanto negli scandali di questi giorni per gli arresti dei responsabili Expo. 1896825_580354652046660_1126985515_nMa nella mancante volontà da parte dei nostri decisori pubblici di lasciare ai cittadini una Milano migliore, dopo un’inutile kermesse di grandi opere – a dir poco discutibili – che fin da ora si sta rivelando soltanto dannosa per la Città. E invece, quante belle cose si sarebbero potute fare spendendo molto meno.
(nelle foto: l’ExpoGate di piazza Castello
e la bara che dovrebbe essere un Ufficio Informazioni in piazza San Babila
)

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A passo di gambero?

previewSeguendo le turbolente cronache politiche di questi giorni (“Traditore!“, “Demagogo!“, “Bugiardo!”, ” Populista!“), e senza voler scomodare la pagliuzza/trave del Vangelo, mi è tornata in mente la poesia Della Gamberessa e sua figlia che la mia mamma mi recitava sempre quando ero piccola, facendomi tanto ridere. E ho scoperto che fu scritta addirittura nel 1700, da un certo Gasparo Gozzi: scrittore e letterato nato a Venezia in una nobile famiglia di origine friulano-dalmata, la cui specialità erano i ritratti satirici morali, e anche molti Sermoni in endecasillabi sciolti in cui «delinea con ironico anticonformismo diversi aspetti del costume contemporaneo», come dice Wikipedia.

Un costume che attraverso i secoli, dai tempi di Mozart e alla maniera di La Fontaine, oggi sembra ancora e più che mai di moda:

“Vede la gamberessa che sua figlia,
nel camminare, mal muove le piante,
ed in cambio d’andar col capo avante,
va con la coda, ond’ella la ripiglia
e dice: Oh che vegg’io! che maraviglia!
Cervellaccio balordo e stravagante,
va’ ritta innanzi: che fai tu, furfante?
Tu vai a rovescio? Di’, chi ti consiglia?

Ma la figlia rispose a’ detti suoi:
io sempre d’imitarvi ebbi desìo,
e non mi par che siam varie, tra noi.
Da voi appresi ogni costume mio;
andate ritta, se potete voi;
e cercherò di seguitarvi anch’io.”

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Il mio pavé

Lo scrivo, non lo scrivo (un post sul pavé), pensavo attraversando piazzale Baracca. Poi non vorrei che sembrasse un’invettiva contro la Giunta comunale (in questo caso la neoassessora Carmela Rozza), e non ho intenzione di fare polemiche su dinamiche di potere che non mi riguardano, anche se la gestione politica mi riguarda e mi interessa eccome: in qualità di milanese dalla nascita e grande sostenitrice della mia città in altre epoche più vivaci. Non negli ultimi vent’anni di mortificazione, ovvio. Ma dal 2011 la speranza si era riaccesa. Per fortuna.

Comunque il pavé milanese è sempre stato anche mio: fin da quando ero una bambina di Porta Lodovica e spesso percorrevo corso Italia con la mamma a piedi per andare in centro a “fare le commissioni”. 345gcq9Perciò l’altro giorno mi è venuto dal cuore di fotografare i lastroni rimossi, almeno per ricordo di un piazzale ottocentesco uguale da cent’anni, come mostra questa foto d’epoca (e da sempre anche bello verde, con i suoi giardinetti).
Tutti ammiriamo la pagina di FOTO MILANO SPARITA, comunità Fb con attualmente 57.724 Fan sempre in continuo aumento. voragineAdesso non mi spiego come possa succedere che un’assessora sia autorizzata a decidere che quella pavimentazione (tipica di Milano negli ultimi almeno 500 anni) venga smantellata così, sostituita da una sconfinata colata di asfalto (rosso! mi dicono) senza coscienza della responsabilità che l’intera Amministrazione pubblica si sta prendendo nel progetto di devastazione della città.

mucchioneIn nome di che cosa viene distrutto il pavé? dei costi di manutenzione? Ma la manutenzione dell’asfalto costerà ancora di più: non lo dico io, lo sanno e lo sostengono molti autorevoli addetti ai lavori, purtroppo neanche consultati. Qui Luca Beltrami Gadola il 20 luglio, per esempio.

Le biciclette, sento dire. Anch’io vado in bici, e so quanto spaventosi siano quei tratti di pavé con il binario subito lì a sinistra e il marciapiede a destra, buche comprese (tipo in corso Magenta): infatti in quei casi non esito a salire sul marciapiede, bici alla mano, piuttosto che rischiare la vita. Ma Milano non è mai stata una città molto friendly nei confronti dei due ruote, e non lo diventerà neanche così. Anche perché, volendo e ragionando magari insieme alla cittadinanza, si poteva pensare a qualche pista ciclabile in asfalto sulla destra, possibilmente con il cordone di protezione (le strisce non bastano, gli automobilisti non le rispettano). michelecarsoE poi, l’asfalto in piazzale Baracca e invece lo stesso pavé che sopravvive miracolosamente in via San Michele del Carso? (come si vede in questa foto). Qual è la logica urbanistica? Non si sa e non si capisce. Inoltre, che fine faranno i masselli? Mi dicono che hanno un grande valore…

Insomma attenzione, perché poi succede che gli anni passano e i fatti restano: “La fontana di Cairoli? se l’è presa Bettino; le brutte  fontane di San Babila che hanno stravolto la piazza? colpa di Formentini; gli scavi per i parcheggi sotto Sant’Ambrogio? follie della Giunta Moratti; quel pavé così antico e prezioso soppiantato da un volgare asfalto che si buca ogni anno? l’ha voluto Pisapia…” . Non vogliamo, vero?

Allora fermatevi, se siete ancora in tempo. Non solo ve lo chiede una ex bambina di città, una tra tante e tanti. Ma di sicuro anche i 57.724 e fischia iscritti alla pagina FOTO MILANO SPARITA e molte altre persone che vi stanno guardando. In questo caso, un po’ male.

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W l’Italia, W le tasse

Oggi giornata torrida di giugno scadenza pagamento tasse, arrivo trafelata alla mia banca per pagare l’F24 e l’Imu che la commercialista mi ha approntato (pago l’Imu 2a casa, una bella cifrona tipo oltre 1000 euro l’anno: abito in affitto, ma ho una casa più piccola che affitto a un inquilino grazie al quale pago l’affitto della mia casa, e quindi è come se fosse una prima casa: peccato che il copione normativo non preveda questo tipo di situazione, immagino abbastanza diffusa. pazienza). Arrivo all’una in banca e c’è un bel cartello: “Questa filiale dal 13 giugno chiude ogni giorno alle ore 13”, allora suono e mi fanno entrare. Niente da fare, la cassa è già stata chiusa. Se voglio posso andare in un’altra filiale, che invece fa orari convenzionali. Alla mia domanda “Ma scusate, non potevate mica avvertire i vostri correntisti via email, del cambiamento di orario?” le due impiegate mi hanno guardato come se stessi parlando del bosone di Higgs.

bpmSon saltata in macchina con l’orologio che faceva il conto alla rovescia (ottima metafora per la Banca Popolare di Milano di piazza Sicilia), ho raggiunto l’altra filiale in piazza Wagner, ho parcheggiato davanti, in divieto di sosta, temendo di prendermi anche la multa (ma invece no), sono entrata dieci minuti prima della chiusura e siccome c’era coda, il cassiere si è anche lamentato che era tardi, e che se tutti facessero così.. Per vendetta gli ho fatto perdere ulteriore tempo raccontandogli la dolorosa historia, ha detto che sì, in effetti i clienti li può avvisare soltanto la Sede centrale, e che però non essendo sua specifica competenza…

Comunque le tasse sono riuscita a pagarle, in barba a tutti i disservizi 2.0 del mondo, felice di essermi tolta il pensiero: le ho versate tutte fino all’ultima lira come faccio da circa 30 anni a questa parte, a dispetto invece della moltitudine di italiani evasori in mille modi diversi. Ho pagato anche la mia Imu 2a casa, doppiamente iniqua: quella però, devo ammetterlo, sarei stata ancora più felice di non pagarla.

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In Bicocca fermare il femminicidio si può

In Gran Bretagna si è pensato che prevenire sia meglio che curare, e i risultati si vedono: a Londra si è passati da 49 femminicidi nel 2003 a soltanto 5 vittime della violenza domestica nel 2010. Come? scotland2Con il metodo Scotland, ovvero il piano stilato dalla baronessa Patricia Scotland, ex Guardasigilli del governo laburista ed ora membro della Camera dei Lord, fondatrice del Global Foundation for the Elimination of Domestic Violence (EDV). A chi deve interessare questo risultato? A tutti, uomini e donne, ma soprattutto ai nuovi politici che si accingono a governare dopo le elezioni. I quali, tutti, devono studiare: per capire come si affronta e si risolve questo tragico fenomeno italiano (120 vittime nel 2012!).

bicoccaDunque, un invito: fiondarsi alla Bicocca, perché «Patricia Scotland sarà nella nostra Università per parlare del suo modello anti-violenza e per trovare con noi la soluzione più adatta all’Italia», annuncia in questa intervista Marina Calloni, docente di Filosofia Politica e Sociale dell’Ateneo. E in questo video ci spiega che il metodo Scotland è un modello olistico: come dire, servono politiche adeguate e integrate a più livelli; devono essere coinvolte tutte le istituzioni, i politici, e anche – novità del metodo Scotland – i datori di lavoro. Qui il comunicato dell’evento del 31 maggio, con tutte le indicazioni.

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Ma quale pensione?

Premesso che non ho mai pensato alla pensione in termini esistenziali, e che per fortuna ho fatto tesoro di preziosi insegnamenti per vivere la vita cercando di fare buone cose nel presente: pensionecompresa una consulente fiscale che vent’anni fa, quando presentai le dimissioni dalla grande azienda editoriale per cui lavoravo, mi disse “Non versi nessun contributo volontario, perché quando lei arriverà all’età della pensione non ci saranno più le pensioni, e questi soldi non glieli restiturà più nessuno. Piuttosto, amministri bene i suoi risparmi e la liquidazione”. Erano gli anni ’90, quindi oggi possiamo dire che già da allora si sapeva che cosa sarebbe successo. Padre-JhonBNDunque mi ero organizzata, felice della mia professione di freelance, con un figlio piccolo che non andava ancora all’asilo. Tutto bene? No, perché comunque i miei 11 anni di contributi li ho buttati al vento, nelle casse di uno Stato che non è stato degno di questo nome (e con la riforma Fornero le donne sono state poi ulteriormente danneggiate rispetto agli uomini: in assoluto, le più penalizzate d’Europa).
Però ho fatto bene a “non pensare alla pensione”, come consigliava sempre ai suoi discepoli un certo maestro spirituale (grande amico un po’ eretico del Cardinal Martini) che non è più tra noi, ma che mi porto sempre nel cuore. Perché secondo i dati Ocse di qualche giorno fa sulle disuguaglianze in Italia, su 18 milioni di pensionati, 11,6 milioni ricevono una pensione media di 533 euro e soltanto 2 milioni ricevono una media di 2900 euro: come dire che spendiamo la stessa cifra per queste due categorie. Le sperequazioni del sistema contributivo hanno privilegiato chi è riuscito a scappare prima dal mondo del lavoro grazie al generoso regime retributivo (che ha assicurato pensioni superiori di quelle che le stesse persone avrebbero meritato con il il sistema contributivo), e adesso la società italiana non sta più in piedi. Che fare? Magari ci fosse stato Lenin al posto di Monti: un pensiero di socialdemocrazia invece che il lugubre tecnicismo finanziario. 251602_473618746024666_253722116_nPer fortuna però qualcuno che sa pensare ancora c’è: Emanuele Ferragina, ricercatore catanzarese espatriato che insegna Politiche sociali a Oxford, ha appena pubblicato il libro Chi troppo chi niente, in cui approfondisce la portata di tali inquità nel tentativo di trovare possibili soluzioni. Nella tabella di pagina 101 ci mostra un dato ancora più raccapricciante: disaggregando il dato di quei 2 milioni che ricevono in media 2900 euro, si scopre che 1 milione e mezzo sono maschi che percepiscono oltre 3000 euro al mese di pensione. Si conferma quindi un’esagerata discriminazione di genere, proporzionale e coerente con la subalternità del lavoro femminile che è uno dei più grossi problemi sociali in Italia, e non negli altri Paesi europei (come sancisce il Global Gender Gap Report 2012).
Qui un’intervista in cui Emanuele Ferragina prospetta in base alle sue competenze qual è l’unica soluzione: un ribilanciamento del sistema di welfare per traghettare risorse dalle pensioni più anziane verso il reddito mancante alle prossime generazioni.

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Vivere bene

Vita morte miracoli di lettura

10948964_1379092965738978_1763322989_n-515x600Ieri sera ho finito di leggere questo libro. Che meraviglia, leggetelo anche voi. Perché? Perché parla della morte come veramente è, della libertà come tutti la vorremmo, dell’amore come dovrebbe essere e come infatti può accadere.
Hanno scritto che questo romanzo somiglia a un film di Truffaut, è vero: anche qui il giovane protagonista, che si chiama Libero, e non a caso, (di cognome Marsell, forse in omaggio alla Ricerca del tempo perduto di Proust? può essere) fa “le quatre cents coups”, ovvero “ne combina di tutti i colori”.
locandinaL’ho divorato, una pagina dopo l’altra, le ultime stanotte facevano sgorgare lacrimoni con singhiozzi inarrestabili. Ma dopo, ho dormito benissimo; e ho sognato che mi ero trasferita in una nuova casa, con un patio e un giardino, bellissima.
Magia dei libri (mentre infuria il degrado della fusione Mondazzoli) e dei film (mentre a Milano chiude lo storico cinema Apollo che si trasforma in un Apple Store). Pazienza, gli scrittori bravi, i registi geniali e i lettori appassionati ci saranno sempre.

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Marzo: viva il Saluto al Sole!

Questo è il momento ideale per riaprire le braccia alla Luce che felicemente sta aumentando sempre di più con le giornate che si allungano, e prepararsi all’avvento dell’estate anche in termini di forma fisica, magari liberandosi di quei chiletti in più accumulati con il letargo invernale. Niente di meglio del Saluto al Sole – in sanscrito, Surya Namaskara – da praticare regolarmente ogni mattina, perché fa bene al corpo e alla mente: dà una sferzata al metabolismo, stimola la circolazione sanguigna e linfatica, i muscoli, la respirazione, il sistema ghiandolare.

Sun salutation (complete)Questa è l’illustrazione più corrispondente alla sequenza di 12 movimenti che prima ho imparato e poi insegnato per molti anni: la più classica, perché ci sono anche altre varianti. Meglio non cimentarsi con il Saluto al Sole da autodidatti, perché nello yoga ciò che conta non è imparare a fare posizioni acrobatiche, ma imparare a farle giuste. Ci vuole quindi una guida che controlli gli allineamenti, e al contempo la respirazione, fondamentale! Inspirazione ed espirazione sono rigorosamente coordinate con le diverse posizioni; altrimenti le asanas, andando a sollecitare le ghiandole, possono fare più male che bene.

indexUltima cosa da considerare è che lo yoga non è una ginnastica, ma una forma di preghiera e di meditazione: ogni posizione, ogni movimento, ogni respiro, non serve soltanto a produrre benefici psicofisici, ma anche ad armonizzarsi con l’Universo Infinito; in questo caso salutando il Sole, la nostra stella di riferimento. Il significato di Surya Namaskara infatti è anche devozionale, di ringraziamento per il nuovo giorno che va a incominciare. E il senso di benessere che procura è anche spirituale.

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Mille sfumature di amore

azzzzz_10Perché Virginia Mallory e Adriano Goldstein non rimangono insieme fin dal loro primo incontro in quella ventosa primavera del millenovecentoquarantasei? Come se fosse facile, rispondere alla eterna universale domanda letteraria «Di cosa parliamo quando parliamo d’amore». Eppure Fiorella Cagnoni, finora scrittrice di gialli molto gustosi, ha cercato e trovato le parole per dirlo in questo suo ultimo strano e fascinoso romanzo che dura tutta una intera epoca: cinquantacinque anni di illusioni perdute, fughe e ritorni, passioni che bruciano come fiamme, oppure ardono silenziose sotto le braci di un fuoco che però è sempre vivo, mentre si alternano altri amori di diverso genere e si susseguono nuove generazioni.

Finalmente amori «È la storia di un desiderio che per lungo tempo una donna e un uomo ripropongono l’uno all’altra e l’altra all’uno come si aumenta la posta o si accresce una scommessa», scrive l’autrice a pagina 12. E viene in mente Gabriel García Márquez – che Cagnoni ama molto e cita spesso – quando scriveva «Il cuore ha più stanze di un albergo a ore» in L’amore ai tempi del colera: dove Fiorentino Ariza resta innamorato di Fermina Daza, la più bella ragazza dei Caribe, per cinquantun anni, nove mesi e quattro giorni. Fino alla felice conclusione.

600472_10151256141707608_1272684483_nE insomma, in queste pagine che perlustrano una piccola isola immaginaria «…non troppo lontana dal Tropico del Cancro» brilla tutta l’intelligenza sentimentale e narrativa di Fiorella Cagnoni, speciale anche “nella creazione dei dialoghi”, come disse di lei il grande Oreste Del Buono.
Per chi vuole incontrarla, sarà a Milano, alla Libreria delle Donne in via Calvi 29 sabato 28 febbraio 2015 alle ore 18: per parlare di amore, e di amori.

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Ferrante forever

quadrilogia-elena-ferranteUn amore, un grande amore: per una scrittrice che ti catapulta nei travagli di due donne – in flashback due bambine poi due ragazze – e ti fa vivere ogni conflitto attraverso lo sguardo opposto di entrambe, senza mai mollare la presa. Ma forse che quelle due ragazze Lila e Lenù sono una stessa persona? Potrebbe sembrare, in un certo senso: una donna d’azione che cerca di cavarsela in modo primitivo, spinta dall’istinto di sopravvivenza e con mezzi rudimentali; l’altra che, come in uno specchio, affronta le difficoltà invece come donna di pensiero, che agisce poco e osserva, soffrendo l’ingiustizia e spesso l’esclusione.

In mezzo alle due donne c’è Elena Ferrante, autrice che come poche altre sa scandagliare con spietatezza le profondità dell’animo femminile (e non venite a raccontare che è un uomo, perché tanto non è un argomento congruo, quindi neanche interessante; sono solo pettegolezzi editoriali di poco conto, basta leggerla, cercando di capire). Una scrittrice capace di precipitarti nella terra di camorra, dentro la prepotenza delle famiglie mafiose senza mai scrivere (in migliaia di pagine della quadrilogia che inizia con L’amica geniale), senza mai scrivere la parola ‘mafia’, ma solo mostrandola, facendola percepire ad ogni riga e in ogni sentimento sofferto dalle protagoniste. Insomma, una grande, grandissima scrittrice. Che fin dall’inizio me ne ha ricordata un’altra altrettanto sublime, Irène Némirovsky: per la stessa implicita grazia letteraria con la quale in Suite francese ricama sofferenze private per significare invece una tragedia collettiva, l’invasione nazista.
image_book.phpMa che Ferrante sia una grande scrittrice lo dicono già da tempo opinioni autorevoli e tante recensioni persino in America e nel mondo anglosassone: The New York Times, The New York Review of Books, The Guardian, The Economist, The Wall Street Journal, The New YorkerA noi basta leggerla, perché è un regalo della letteratura, e quindi della vita. Davvero non importa a chi andranno anagraficamente i diritti d’autrice, di tutto ciò si è già immaginato abbastanza scorrendo le pagine della Frantumaglia, altro libro da non mancare. Quando si arriva al 4° volume della quadrilogiaancora più potente dei precedenti, se possibile – si capisce che le chiacchiere e le polemiche stanno a zero. Avercene, di Elena Ferrante, nel panorama della narrativa italiana. Con qualsiasi nom de plume.

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Berrino Report Ricerca Cancro

Berrino1È diventato ormai un personaggio famoso anche a livello mediatico, dopo le interviste rilasciate a Report, Le Iene, Le Invasioni barbariche. Ma è da almeno 30 anni che il dottor Franco Berrino è uno dei massimi esperti del rapporto tra alimentazione e tumori: all’inizio un po’ osteggiato da alcuni suoi più celebri e potenti colleghi, forse perché poco incline a sostenere gli interessi delle multinazionali non solo farmaceutiche. Però il tempo è galantuomo, proprio come lui: un signore delicato e riflessivo, molto innamorato del suo lavoro nonostante i tanti impedimenti che ha incontrato sulla sua strada. Con l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), ha preso parte adesso alla revisione del nuovo Codice Europeo Anticancro, giunto alla 4° edizione. E mercoledì 5 novembre ha presentato “I 12 Pilastri della Prevenzionein anteprima alla stampa (insieme ai colleghi Gerolamo Corno/Direttore generale Istituto Nazionale Tumori, Roberto Boffi/Pneumologo della Fondazione, Ugo Pastorino/Direttore scientifico Istituto Nazionale Tumori). Ecco il report:

1. Non fumate. Non usate alcun tipo di tabacco.
2. Non consentite che si fumi in casa vostra. Sostenete le misure contro il fumo nel vostro ambiente di lavoro.
3. Impegnatevi a mantenere un peso corporeo sano.
4. Fate quotidianamente esercizio fisico. Limitate il tempo che trascorrete seduti.
5. Mantenete una dieta sana:
– consumate abbondantemente cereali integrali, legumi, verdure e frutta
– limitate i cibi molto calorici (ricchi di zucchero e grassi).
– evitate le bevande zuccherate
– evitate le carni conservate
– limitate le carni rosse
– limitate i cibi ricchi di sale
6. Se consumate bevande alcoliche, di qualunque tipo, limitatene la quantità
– per la prevenzione del cancro è meglio non bere alcol.
7. Evitate esposizioni prolungate al sole, specialmente da bambini
– usate protezioni solari/non esponetevi a lampade abbronzanti
8. Nei luoghi di lavoro proteggetevi da sostanze cancerogene rispettando le regole di sicurezza.
9. Controllate se nella vostra abitazione c’è un’alta concentrazione di radon (correlato con i tumori al polmone e non se ne parla abbastanza, ndr) e nel caso procedete a opportune modifiche strutturali.
10. Per le donne:
– allattare al seno riduce il rischio di cancro
– la terapia ormonale sostitutiva (TOS) aumenta il rischio di cancro
11. Fate partecipare i vostri bambini ai programmi di vaccinazione per:
– l’epatite B (per i neonati)
– il papilloma virus HPV (per le ragazze).
12. Partecipate ai programmi organizzati di diagnosi precoce per tumori dell’intestino, mammella, cervice.

Però, però. È stato fatto notare da alcuni medici dell’Istituto dei Tumori presenti alla conferenza stampa, la mancanza nel nuovo Codice Europeo del parametro Ambiente (in particolare, pesticidi in agricoltura e livelli di inquinamento dell’aria). La risposta di Berrino: “Io ho partecipato alla parte alimentazione/tumori, ma ci sono molte mancanze in questo codice”. E poi ha aggiunto un po’ sarcastico: “È comunque evidente che IARC non intende entrare in conflitto con l’attività dei politici!”.

Perciò, prendiamo più spunti possibile da questo dodecalogo. Ma continuiamo a mantenere attivo il nostro spirito critico, e a informarci sui risultati degli ultimi studi (ogni primo mercoledì del mese alle 18 Berrino organizza il Mercoledì della Prevenzione aperto al pubblico, ogni volta su un argomento diverso).

buffetAlla fine, un delizioso buffet preparato dai VegaChef di Cascina Rosa (qui il loro Canale YouTube) ha dimostrato per l’ennesima volta come la cucina salutare possa essere molto golosa: compresa una crema dessert senza zucchero (con il succo di mela! buonissima).

Tutte le ricette da sperimentare si possono trovare in questo e in quest’altro libro di Anna Villarini, biologa e nutrizionista, Ricercatrice e collaboratrice del dottor Berrino all’interno del Dipartimento di Medicina Predittiva e per la Prevenzione della Fondazione IRCCS-Istituto Nazionale dei Tumori (qui il suo intervento a Elisir Rai3 insieme con lo Chef di Cascina Rosa Giovanni Allegro).

Il prossimo incontro con il dott. Berrino per i Mercoledì della Prevenzione sarà il 3 dicembre alle ore 18 nell’Aula Magna dell’Istituto dei Tumori, e il tema sarà Nutrizione, vita quotidiana e stress. Per info su tutte le attività di Cascina Rosa scrivere a diana@istitutotumori.mi.it

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Ma che bella commedia!

commediaConsigliatissimo: perché si ride, e molto, e fin dall’inizio, tuffandosi nella lettura del’ultimo romanzo di Piersandro Pallavicini che comincia così: «Sto per decollare verso Londra, dove dovrei sistemare le cose con quel mentecatto di mio fratello Edo». Un incipit, una garanzia (come insegnavano i mai dimenticati maestri Crovi e Pontiggia, pionieri dei primi corsi di scrittura in Italia). Si ride perché in questo Una commedia italiana si incontrano quei pittoreschi personaggi che hanno popolato il Bel Paese dagli anni ’60 al terzo millennio: con i cognomi tipici del Nord Italia, protagonista in prima linea del boom economico che ha sovvertito il destino e la collocazione sociale di molte famiglie, elevate di rango grazie alle occasioni straordinarie che quell’epoca offriva. Ai tempi si chiamavano “gli arricchiti”, o anche “i salumieri arricchiti”(con mezzi più o meno leciti). E infatti Alfredo Pampaloni, oriundo di Pontedera e milanese di adozione, ex operaio della Galbani, è diventato un importante industriale del formaggio: con casa alla Maggiolina e un’altra villa in montagna, avveniristica e sontuosa; con tanto di Jaguar per correre a Saint-Tropez dove ci sono Brigitte Bardot e Gunther Sachs. È amico di Tognazzi, Dorelli, Gassman. Forse. Se non sono panzane per farsi bello agli occhi del volgo, quello stesso da cui lui proviene. Chissà.

Il libro non l’ho ancora finito, mi mancano 25 pagine e me le sto centellinando: quindi non so ancora come va a finire la questione dell’eredità, anche se gli indizi sono molto eloquenti (come invece insegnava il maestro per eccellenza Hitchcock nei suoi memorabili film). Prevedo e faccio il tifo perché arrivi il sacrosanto momento del riscatto per Carla, voce narrante della travagliata vicenda, che ad ogni pagina mi sono chiesta come potesse essere così bene interpretata da uno scrittore uomo. PallaviciniMi aspetto che il meccanimo narrativo funzioni perfettamente, proprio come un giallo. E credo che non rimarrò delusa perché ho capito, mentre mi divertivo seguendo i fatti (a volte ridendo anche da sola, fragorosamente), che Pallavicini ha una marcia in più: di mestiere fa lo scienziato; lo dice la biografia in copertina compresa di account Facebook, e lo so perché ho la fortuna di averlo tra i miei contatti, motivo grazie al quale ho scoperto questo libro. Ecco allora perché le sue storie mantengono per tutto il romanzo quel rigore scientifico impeccabile, nonostante gli accorati intrecci sentimentali che in qualche passaggio fanno inumidire gli occhi. Ma è solo un attimo. Perché subito dopo la risata ha il sopravvento. Insomma, un vero spasso. Che conferma la rassicurante regola “Un libro si giudica dalla prima frase”, come insegnavano i grandi. E anche dall’ultima, aggiungevano. Volete saperla? «Ma, spesse volte, la vita non è soltanto morte, sofferenza, orrore». Accidenti, mi mancano solo 25 pagine!

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Invidia = Invideo

Non scandalizziamoci, è il sentimento più diffuso al mondo (e lo si vede molto bene anche attraverso Facebook, straordinario osservatorio social antropologico). Ci arriva addosso in eredità dal latino «invideo» che oggi si protrebbe tradurre come un «non ti posso vedere», in senso gergale però: nonostante io ti guardi, magari anche ammirandoti per i tuoi meriti, le tue doti e i tuoi talenti, mi sei antipatico, non ti considero, mi giro dall’altra parte, faccio finta di non vederti. Non prendetevela quindi se i vostri migliori amici fanno finta di non vedere qualcosa che pubblicate a cui tenete molto. Sono le debolezze umane, non ce la fanno proprio a gioire con voi, e a causa di questo atteggiamento maligno vivranno un po’ più tristi. Compatiteli (questa volta nel senso letterale, etimologico e buddhista di cum e pathos). Fb è l’implacabile specchio virtuale (Specchio, specchio delle mie brame…) di una realtà spesso già abbastanza deformata all’origine.

invidia-282x300«Video, sed non invideo» diceva Sant’Agostino, che la sapeva lunga. Pensare che è così bello, invece, «stravedere» per qualcosa: entusiasmarsi, fare il tifo, gioire per i successi di qualcuno. Se ci si sente altrettanto in grado di conquistare sempre nuove mete, conseguire obiettivi e realizzare desideri, non si prova invidia: piuttosto ammirazione e felicità per una sorte benevola che domani potrebbe sorridere dalla nostra parte. La Strega di Biancaneve non lo sapeva, altrimenti non avrebbe fatto quella brutta fine.

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Un film in 48 ore: magia!

fotofilmPer partecipare al Milano 48 ore – Instant Movie Festival (qui il contest) bisognava ritirare la sera di venerdì 13 giugno una busta chiusa contenente il tema generale a cui ispirarsi [che per tutti i partecipanti era: [(S)FORTUNA] e un oggetto particolare che avrebbe dovuto assumere un certo rilievo nel film [nel nostro caso: un mazzo di carte napoletane]. Da quel momento le due registe Patty e Andrea con l’assistente Marina hanno cominciato a girare, girare, girare: fisicamente e cinematograficamente per la città (prima di tutto le carte! regalate dall’Osteria del Biliardo di Affori, da mettere subito in lavatrice e poi nel thè per farle sembrare antiche). E poi, macchina in mano e a mano, per girare davvero il film: la storia di una donna, una cantante lirica  che arriva a Milano per un’importante audizione alla Palazzina Liberty (l’attrice protagonista Susie Georgiadis è veramente una cantante lirica, nella vita; e la voce della colonna sonora è sua, compresa l’audizione si sabato mattina 14 giugno, quindi per puro caso autentica). Spera, come ogni volta, che questa sia quella decisiva per la sua carriera di artista: condizione universale in cui ogni artista si può riconoscere.

Milano per la protagonista è il ricordo della magnifica zia Alda, donna coraggiosa nel superare molte sfide e grande appassionata di lirica (che la chiamava affettuosamente Musetta, come il personaggio della Bohème, da cui l’aria «Quando m’en vo» del titolo). E Musetta, dopo l’audizione, ispirata da Alda, si ritrova seduta sul gradone della fontana del Castello proprio come nella storica fotografia che la zia le ha lasciato insieme ad altri oggetti/talismano: una collana di perle, e le carte che amava utilizzare per consultare il futuro. Musetta sa che il 5 di quadri significa «sorpresa, novità, messaggio felice», e la usa per riparare la scarpa consumata dai passi del suo sempre faticoso cammino professionale.

manineicapelliÈ stata un’esperienza fantastica, tutta al femminile (soggetto, storia, testi, attrice, regia, voci). Abbiamo lavorato come pazze per due giorni anche di notte, a volte con le mani nei capelli (come testimonia la foto): ma in un costante stato adrenalinico che ci faceva divertire, inventare, assemblare, creare parole insieme a dissolvenze e assolvenze, registrare, montare.
Dopo circa 30 ore, il film magicamente esisteva! (eccolo qui). consegnaGli ultimi interventi sono stati frenetici: tante piccole correzioni (e quante altre avremmo voluto farne, ma il tempo scadeva… “Basta dai, masterizziamo e va bene così, è bellissimo!“).

Alla fine, Patty e Andrea sono andate a consegnarlo trionfanti all’Olinda/ex Paolo Pini domenica 15 giugno, un’ora prima della scadenza del regolamento ufficiale. Prima esperienza di questo genere, nata un po’ per caso. E non abbiamo vinto! Ma siamo state così contente, che andremo avanti a fare piccoli film per lavoro e per passione. Ecco il vero senso di questa avventura entusiasmante.

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Lettura per l’estate

alicia*Maschile o femminile? Femminile o femminista? Tutto insieme. Chi ancora non conosce le inchieste alla maniera di Petra Delicado, ispettore della Polizia di Barcellona, si affretti a scoprire Alicia Giménez-Bartlett: autrice di molti gialli, tutti godibilissimi proprio grazie al suo alter ego. Come un Maigret cresciuto nel femminismo, Petra capisce ogni aspetto della vita (e in questi casi anche della morte!) molto più dei suoi colleghi uomini: il rigidissimo commissario Coronas e il complicato simpaticissimo viceispettore Garzón, che la fanno disperare. Perché? Perché troppo spesso mancano di leggerezza e abbondano di protervia. Allora trascurano particolari importanti e infine (molto alla fine!) sono costretti ad ammettere che le donne, quelle come Petra, hanno una marcia in più.

imagesQualche esempio tratto da Un bastimento carico di riso, Sellerio editore come tutti gli altri gialli di questa autrice:

«Bevvi il mio latte in silenzio. Gli uomini sono strani, pensai. Difendono ferocemente il loro territorio, ma sono capaci di grande tenerezza e affetto. A volte si comportano come cuccioli di cocker e altre come lupi infuriati. Ma è inutile trarne un bilancio negativo, perché li trovo più affascinanti di ogni altro essere vivente, eccezion fatta per il colibrì».
(…)
«Ebbi paura, una paura spaventosa perché quello sguardo mi aveva condotto ai confini di un territorio che esisteva anche dentro di me».
(…)
«Quando ci si può ritenere liberi dalle ombre e dai dubbi che l’altro sesso proietta su di noi? Una volta superati gli ottant’anni? In seguito a una brutta esperienza? Dopo un disastro naturale? Mai, immagino. Né la vecchiaia, né il fallimento, né un terremoto devastante riusciranno mai a far cadere dalla mano del demonio la mela più lustra e appetitosa del mondo».

A tutti, maschi e femmine, buona estate e buona lettura

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Dal dentista senza antibiotici?

fotoAnche sì. Il mio dentista da circa vent’anni non si sente più obbligato a prescrivere antibiotici dopo estrazioni, impianti, e persino in caso di courretage (che è una tecnica terapeutica abbastanza cruenta). Come mai? Perché oltre che fare molto bene il suo mestiere di dentista, gli piace anche fare il medico. E ha continuato sempre a studiare e a perfezionarsi, andando oltre la semplice specialità di odontoiatria. Ha frequentato il corso postuniversitario triennale della Guna in Omeopatia e Omotossicologia, e ai suoi pazienti prima di ogni intervento consiglia di assumere in dosi appropriate Echinacea compositum e Arnica compositum: la prima  previene le infezioni, la seconda le infiammazioni. Naturalmente prima di praticare queste terapie, ha esaminato studi scientifici che ne confermavano l’efficacia, ma nonostante tutto capitava che all’inizio alcuni suoi colleghi storcessero il naso: «Come, senza antibiotici? Ma è una pazzia» dicevano, trascurando però i numerosi effetti collaterali che hanno gli antibiotici, ampiamente descritti sui terrorizzanti bugiardini che si preferiscono non leggere. Eppure.

uomoleonardoPer scandalizzare fino in fondo gli scettici, o peggio ancora i prevenuti, bisogna dire che il dottor Wxxxxx (non gli ho chiesto l’autorizzazione a citarlo pubblicamente, ma posso farlo in privato con chiunque) non è tanto contrario agli antibiotici per partito preso, ma è invece è piuttosto critico rispetto al modo in cui i medici li prescrivono: in genere senza antibiogramma, indispensabile per l’efficacia della terapia contro il batterio specifico; altrimenti, è come puntare alla lotteria, anche se il paziente non lo sa. Il mio caro dottore dice sempre che gli antibiotici, se vanno usati, vanno usati bene: bene vuol dire anche solo in casi necessari. E siccome è un dentista bravo ma anche un medico olistico che non cura solo i denti ma tutta la persona, caso per caso preferisce utilizzare il test chinesiologico per capire se quella persona, e non un’altra, è più adatta alle terapie convenzionali oppure no. Poi sceglie di conseguenza. Siamo lontani dalle sciocche dicerie che le medicine non convenzionali non fanno niente, che i medici non tradizionali sono dei criminali etc. etc.: lontani anni luce. E più vicini al lume della ragione.

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Nutrirsi bene

Buona buonissima facile da fare: farinata con verdure

farinataLa scrivo qui così le amiche che me l’hanno chiesta ce l’hanno sempre a portata di mano: è semplicissima. Si mescola la farina di ceci con l’acqua in rapporto 1 a 3 (250 di farina, 750 di acqua) e si lascia decantare la miscela tutta la notte. Il giorno dopo si aggiunge un po’ di olio (mezzo bicchiere? io ne metto meno). Si fanno saltare le verdure in padella (a piacere, oggi io ci ho messo porro zucchine e patate, ma va bene qualsiasi verdura). Sale, un pizzico di pepe, erbe aromatiche (salvia, rosmarino e timo). Si inforna in una teglia oliata per un’oretta circa, prima a fuoco alto e poi più basso. Fine.

Stasera la porto alla festa di compleanno della Paola, so già che come sempre tutti mi chiederanno la ricetta, perché è buonissima: viene una specie di torta salata, ma senza usare ingredienti di origine animale come burro ricotta o similari. È a prova di intolleranze, nutriente e salutare. Un piatto completo – anche pochissimo costoso, tra l’altro! – come tutte le ricette ispirate alla tradizione contadina italiana.

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Ho inventato la torta di riso

tortarisoMa potete inventarla anche voi: golosa e salutare nella misura e con gli ingredienti che preferite. L’importante è partire con 2 bicchieri di riso integrale (biologico, ovviamente), e il doppio di acqua per farlo cuocere senza disperdere le buone sostanze nutritive che contiene. Poi durante la cottura si aggiungono verdure a scelta: ieri ci ho messo porri (dalle molteplici virtù terapeutiche), topinambur (riequilibranti di glicemia e colesterolo), un cespo di radicchio rosso (depurativo al massimo).

erbearomatichePer aromatizzare timo, salvia e rosmarino (benefici a iosa!) che non mancano mai nel mio piccolo giardino domestico. E un cucchiaino di curcuma, che ci sta sempre bene perché è quasi una medicina. Alla fine, spento il fuoco, ho aggiunto pecorino grattugiato e formaggi di capra spezzettati (a chi non mangia formaggio suggerisco gli ottimi e saporiti Formaggi Veg che l’amica Grazia Cacciola (blog: www.erbaviola.com) insegna a preparare nel suo ultimo libro presentato in questo precedente post). Fatto. Poi basta infornare per un’oretta a fuoco medio, perché il pecorino faccia una deliziosa crosticina in superficie mentre la consistenza della torta si rapprende in modo da essere tagliata a fette.

Ultima notazione: è un piatto economico e tuttavia pregiato, perché ricco e calibrato dal punto di vista nutrizionale. Un format in cui basta cambiare gli ingredienti (al posto dei formaggi per esempio si possono utilizzare le lenticchie rosse con il curry della tradizione indiana… viene benissimo!) per sperimentare la torta di riso in molte fantasiose interpretazioni. In più, si sa: il riso integrale è un alimento che fa tanto bene a tutti, come ci dice qui il dottor Berrino. Si tratta quindi di un’idea interessante per conciliare salute e buona cucina.

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Buon Anno con i datteri

palmadadattero_fruttiVelocissimo, un consiglio importante ai miei 3680 e fischia amici Fb (molti di loro lo sanno già perché qualche volta abbiamo festeggiato il Capodanno insieme): a mezzanotte, brindando, tenere a portata di mano un po’ di datteri, mangiarli nel mentre si sorseggia, e poi tenere i noccioli di quelli mangiati, impacchettarli bene nel domopack e custodire il pacchettino sigillato per tutto l’anno nel portafoglio insieme alle monete. Capito a che cosa servono, vero?

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Io ho scoperto questo trucchetto nel lontano 1982 a Cuba: quando alle 18 circa ora locale, su un autobus che stava attraversando Plaza de la Revoluciòn dell’Avana, la mia amica Rossella ha tirato fuori dal giaccone una confezione di datteri portati da Milano e mi ha detto con estrema serietà “Se vuoi che sia un anno prospero economicamente, questi sono indispensabili“. Non avevamo con noi lo champagne, purtroppo. Ma la profezia si è realizzata ugualmente.

Dunque, per non sbagliare, la prima cosa che mi procuro per la mezzanotte della fine d’anno sono i datteri. Chi vuole, provi: anche perché i tempi dal punto di vista economico sono un po’ difficili per tutti, ognuno a modo suo. Poi l’anno venturo ci riparliamo (in trent’anni di questo rito, quella volta che non l’ho fatto me ne sono un po’ pentita. Da allora… prima di tutto i datteri. Con tanti auguri!

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Buon Natale Veg

Chi non conosce la cucina Veg in genere la snobba, si sa. Ma questo l’avevo già scritto nel post precedente dedicato alle prelibatezze della VegaChef Mara di Noia. Invece oggi mi riferisco a un’altra stella splendente del firmamento Veg, Grazia Cacciola, già autrice di molti libri e di quel blog Erbaviola.com dove si può trovare ogni genere di meraviglia alimentare, bricolosa e culturale: la quale Grazia ha da poco pubblicato un nuovo libro molto interessante. Per chi? Per chi ama mangiar bene, in tutti i sensi. E per quelli che preferiscono non consumare latte vaccino (e derivati), che sono sempre più numerosi a causa di strane sostanze presenti negli allevamenti  industriali, probabilmente all’origine di molte intolleranze. Il latte non è più quello di una volta, lo sappiamo; e infatti una volta le intolleranze non c’erano.

formaggiPer fortuna in natura e in commercio ci sono tanti altri tipi di latte (di soia, di riso, di orzo, di avena, di mandorle…) con i quali è possibile prepararsi in casa squisiti e salutari Formaggi Veg, titolo del libro (Edizioni Sonda, 224 pagine, 600 fotografie a colori con le istruzioni di ogni ricetta passo per passo; acquistabile in libreria o su Ibs qui).

Che cosa ho scelto, per cominciare? A pagina 109 la Robiola fresca, ideale per tartine o condimento di primi piatti. A pagina 148 la Crema di formaggio messicana, perfetta sui crostini o sulle patate arrostite alla brace. A pagina 180, le Pennette al sugo di noci, con ottima e salutare panna di soia.

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Ma c’è davvero da sbizzarrirsi, cimentandosi con l’autoproduzione domestica e seguendo i consigli della Grazia, di cui mi fido perché la conosco e so per certo essere una vera, autorevole buongustaia. Chi non è curioso di provare, si perde qualcosa: perché scoprire nuovi sapori, ricette e nuovi modi di cucinare è una delle cose più belle del mondo. Altrimenti il rischio è di trovarsi un giorno in un ristorante di Berlino a ordinare Spaghetti alla bolognese (ricetta tradizionale che a Bologna, tra l’altro, non hanno mai sentito nominare).

Dimenticavo: il libro di Grazia Cacciola è anche un bel regalo per Natale: pensando già al periodo post feste, dopo luculliane libagioni e impennate colesterol/glicemiche. Un po’ di cucina buona e sana fa sempre bene, anche sotto forma di auguri.

 

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A Milano, Happy Veg Hour

happyhourChi dice che la cucina vegetariana Veg è triste, avrebbe dovuto esserci l’altra sera al delizioso Happy Hour della VegaChef Mara Di Noia (qui la sua storia, nella mia intervista per il magazine Wise Society), che la sa molto lunga sulla golosità tanto quanto sull’alimentazione salutare: per le persone, per l’ambiente, e persino per i nostri amici a quattro zampe. rollsushiQualche esempio? Abbiamo assaggiato dei roll sushi fantastici, molto più buoni di quelli dei ristoranti giapponesi: peccato che tra gli ingredienti non ci fosse pesce (e sulla qualità del pesce dei ristoranti giapponesi stendiamo un velo..), ma l’immancabile alga nori, verdurine varie e tofu affumicato.
polpettineVogliamo parlare delle polpettine vegetali con l’hummus? Un classico, ma che squisitezza. risoDelle insalate di riso di tutti i colori e con legumi di ogni tipo? Di focaccette e pizzette insaporite dalle erbe aromatiche? E quella salsina verde che ho preso tre volte, insieme alle crudités? Divina.

Non posso svelare le ricette, perché non è il mio mestiere: Mara le insegna durante i suoi molteplici corsi di cucina (senza latte, senza lievito, senza glutine.. tutte le info sul sito www.vegachef.it) gazeboche si svolgono nello stesso posto piacevole e familiare dell’altra sera, Interno23 in viale Piceno 23 a Milano: un grande salone con angolo cucina superattrezzato, un megatavolo per mangiare tutti insieme ciò che si prepara, e un’accogliente terrazza con divani e gazebo per intrattenersi anche outdoor durante la bella stagione.

crostataObbligatorio però spendere qualche parola sulla bontà suprema dei dolci Veg: crostata di frutta (senza latte, burro, uova… incredibile!) e torta al cioccolato (idem) tagliata in morceaux quadrati che sono immediatamente andati a ruba: non è la prima volta che assaggio tortacioctorte di cioccolato vegane che surclassano quelle abituali straburrose, buone ma anche subito stucchevoli, stracaloriche e complicate anche da digerire. Ogni volta mi stupisco, ma invece è così. Dunque perché assassinarsi la salute pur di rimanere avvinghiati ai propri pregiudizi? Ma qui il discorso potrebbe svoltare a livello filosofico su tanti altri aspetti della vita, e sarebbe off topic.

genteMeglio gioire di un Happy Veg Hour con tanta gente simpatica e cordiale, accompagnato da bottiglie di un ottimo Prosecco di Valdobbiadene e, per gli astemi, da caraffe di tè verde Kukicha, considerato elisir di lunga vita dei monaci taoisti perché ricco di vitamine, sali minerali, polifenoli e flavonoidi (qui su Wikipedia tutte le proprietà, con tanto di studi bibliografici): ideale e piacevole da bere alla fine, per concludere una serata all’insegna della salute e del buon gusto.

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I love l’Uomo Nero

libroDopo il lancio del suo nuovo libro Osti sull’orlo di una crisi di nervi (Ed. Terre di Mezzo, 10 euro) pochi giorni fa alla Biblioteca del Parco Sempione, un altro happening lunedì 24 ore 19 alla libreria Malafarina (specializzata in cultura gastronomica) di Milano. Se appena posso ci torno, a sentire la presentazione (qui l’evento): perché è abbastanza uno spasso incontrare l’Uomo Mascherato Visintin, che per la cronaca è uno dei critici più temuti di Milano dai ristoranti (la sua rubrica molto seguita sul ViviMilano/Corriere della Sera è una mina vagante proprio nei confronti degli osti che a causa sua rischiano crisi di nervi).

ostiCattivo come l’Uomo Nero? No no, non è così, garantisco, nonostante le sembianze: Visintin è una persona molto amabile! È soltanto un Uomo Mascherato che ha la mania di visitare i ristoranti in incognito e a sorpresa, senza farsi riconoscere. Perciò non può mostrare la sua faccia, e preferisce intabarrarsi (come nella foto) anche in una torrida giornata di giugno, piuttosto che svelarsi a chicchessia. Un comportamento «irritante», per molti. «Etico», per altri. «Troppo etico!» per altri ancora. Però alla fine tutti adorano le sue recensioni, che guarda caso in questo modo corrispondono sempre a verità, senza fare sconti a nessuno. Mentre fanno anche parecchio ridere, invece. Insomma, vien proprio da dire “Chapeau!”. Sarà per quello che indossa sempre anche il cappello?

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Cibo criminale? Come evitarlo

cibocriminaleÈ il titolo di un libro-inchiesta appena uscito in cui si denunciano, dati alla mano, le più importanti truffe alimentari che avvengono sotto i nostri occhi di consumatori quasi sempre ignari: con i consigli per non cascarci. Pare proprio, infatti, che anche la dieta mediterranea sia diventata il nuovo business della mafia, altro che «made in Italy». E come accade negli altri settori, i controlli sono troppo pochi (ulteriori dettagli sul giro d’affari della criminalità organizzata nel settore agroalimentare in questo articolo di Repubblica).
Per esempio, mai comprare olio extravergine di oliva che costi meno di 6 euro: è italiano sull’etichetta, ma in realtà spagnolo o tunisino; contiene oli di soia trattati con betacarotene e qualche volta anche qualcosa di peggio. olioSu 9 bottiglie di olio evo, solo 7 sono autentiche e solo 4 sono italiane.  E così per i pomodori: su 4 lattine, 3 sono italiane per finta, perché confezionate con pomodori che arrivano dalla Cina compresi di muffe e scarti illegali. Mozzarella di bufala? Il 50% è fatta con latte straniero (India, Polonia, Lituania), e conviene comprarla solo se costa almeno 11 euro al chilo. Non parliamo neanche dei formaggi fusi: quelli invece sono fabbricati con latticini marci asiatici riciclati dalla camorra; meglio comprare formaggi con nomi veri come fontina, parmigiano, pecorino. E attenzione anche al prosciutto, per chi lo mangia: 1 su 4 soltanto è italiano, anche se marchiato Parma o San Daniele.

multicereali_multisemi_1024x765-e1330013600837-350x309Del pane avevo già parlato in questo articolo per Wise Society, sconsigliando a tutti di acquistare quello che i supermercati smerciano come pane fresco, e suggerendo invece la semplice ricetta per farlo in casa, con immensa soddisfazione. Conclusione: conviene autoprodursi tutto quello che si è in grado di fare. E le idee sono infinite. Per cominciare a organizzarsi, ottimo il blog della mia amica e maestra Grazia Cacciola, in arte Erba Viola: www.erbaviola.com

 

(Cibo criminale, Mara Monti/Luca Pozzi, Newton Compton Editori, pag. 250, euro 9.90)

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Buono il Seitan alla veneziana

seitanNon è indispensabile usare la carne per realizzare ricette gustose, e questo è un esempio. Il seitan è un cibo molto proteico, e anche salutare. Si trova ormai biologico in quasi tutti i supermercati: basta saperlo cucinare nel modo giusto. Alla veneziana, per dire. Quando lo preparo per i miei ospiti, piace a tutti.

1 confezione di seitan
cipolle (io uso i porri)
shoyu
Worcestershire Sauce
aceto di mele/balsamico
salsa di soia

Far rosolare il seitan tagliato a piccoli pezzetti in poco olio extravergine, aggiungere le cipolle (io uso i porri perché per chi è vegetariano  meglio evitare le cipolle, che pare interferiscano con il funzionamento delle sinapsi cerebrali) e rosolare ancora. Uno schizzo di Worcester, uno di shoyu, un po’ di aceto balsamico e un po’ di aceto di mele. Qualche minuto di cottura. Pronto. Tutto biologico, ovviamente: anche l’ultima aggiunta di salsa di soia che si acquista rigorosamente nei negozi bio (l’altra è tutta Ogm).

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Quel che resta del tofu

Alla cenetta di ieri sera dalla Patty in occasione del Carnevale e della finale di Sanremo ognuno portava un piatto della sua cucina personale. tavolataE così, dopo il sublime Casatiello di Luigi (sublime proprio), la Torta salata e le Polpettine vegetali opera della padrona di casa, i Porri gratinati di Maura, c’era il mio Tofu al curry con radicchio rosso porri e noci (accompagnato con riso basmati al vapore aromatizzato con cannella, chiodi di garofano e cumino): il famoso tofu, fonte preziosa di proteine (ne ho già parlato qui), che molti snobbano perché dicono che non sa di niente. tofu:nociOvvio, bisogna cucinarlo, come la stragrande parte degli alimenti (qualcuno ha mai mangiato una bistecca o un uovo crudi? non so, non devono essere tanto buoni). Fatto sta che il mio Tofu al curry ha cominciato a girare tra i commensali, e siccome mi sono distratta un attimo non ho fatto in tempo a fotografarlo nella sua integrità originaria che tutti già dicevano “ma che squisito, ma come l’hai fatto, che cosa ci hai messo?”. La ricetta è sempre quella che ho già postato qui, ho solo utilizzato verdure diverse. Quindi la foto non gli rende giustizia estetica. Ma meglio: perché con estrema modestia la voglio dedicare a una stimata editor milanese presente su Fb con il nome d’arte Faccio Testo, che si manifesta atea/miscredente per quanto riguarda la cucina vegetariana: presto la inviterò a cena, e so che convertirò anche lei. tortapavlovaPer la cronaca (di una vittoria annunciata), la cena si è conclusa con il trionfo di Marco Mengoni. Ci siamo consolati con la superba Torta Pavlova della Patty, meringa panna montata e frutti di bosco.

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Sono stata da Shiki: super!

internoshikiArrivi e subito ti viene offerto un calice di Prosecchino quello buono, già questo è un piacere. Sai che stai andando a mangiare soprattutto un pesce di ottima qualità che lo chef Alex sa tagliare secondo la cultura orientale, ma cucinare inventando originali ricette della tradizione mediterranea.

piatto shikiNoi per esempio abbiamo scelto Tentacoli di piovra ai pistacchi, Tartare di tonno con riso basmati e purea di avocado, Hamburger di salmone scottato su riso condito con alghe marinate e salsa teriyaki.

frittoshiki Non ho resistito al Fritto misto Shiki con zucchine e salsine varie. E nel cestino del pane c’erano pagnottine fatte in casa al sesamo, alle olive, integrali con le noci: deliziose. Volevamo assaggiare di tutto, e il bello di Shiki è che non ci sono schemi, si può ordinare ciò che si vuole e ogni piatto costa 7.50 euro. Perciò è perfetto anche un piatto solo per un gustoso spuntino prima o dopo il cinema (l’Anteo è proprio lì a due passi) con magari un dessert prelibato (euro 6,50).

tiramisuNel nostro caso non ci siamo fatti mancare il particolare Tiramisù destrutturato di Alex del quale avevamo sentito parlare, e la Pasta fillo con panna montata e fragole, entrambi golosi ma anche leggeri.

fragoleAbbiamo bevuto un Gewürztraminer da urlo, e lo si capiva anche senza essere veri intenditori: fruttato, speziato, leggermente affumicato. Si mangia con le bacchette o con le posate, a piacere. La cucina è aperta fino a mezzanotte. La musica è bassa in sottofondo, poi aumenta di volume e viene quasi voglia di ballare. Luci soffuse e atmosfera simpatica. Sì, insomma, lo Shiki è un ristorante tutto diverso dagli altri. E si sta proprio bene.

shikismallMilano, via Solferino 35
per prenotare dalle 19.30 in poi
02 29003345

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