La sindrome del semaforo

semaforo-234x164In tanti anni di guida in città ho notato una regola che sembra magica ma non lo è: se ti senti a posto con te stesso, se possiedi un po’ di serenità e di equilibrio, girare in macchina a Milano non è un’esperienza spiacevole come ci si aspetterebbe. Se ti senti bene, succede che all’incrocio, al semaforo, gli altri ti riconoscono la precedenza, rallentano, qualche volta accade persino che ci si scambi un sorriso. Purtroppo vale anche la regola opposta, la più diffusa: ti taglio la strada, ti supero, poi rallento, mi metto sulla corsia sbagliata della svolta a destra ma non mi importa se ti intralcio; oppure so che avresti la precedenza ma me ne frego, perché vado più veloce e quindi sono più furbo. Protetto nel mio personale abitacolo, pronto a scattare facendo gestacci, non capisco che tale atteggiamento è utile solo a star male e a far star male gli altri. Con l’ulteriore effetto collaterale che magari ogni tanto qualcuno scende con il cacciavite, e allora la delinquenza assume risvolti più pulp.

487000_448970021824143_553686337_n«Unica chiave generale: l’odio. Dentro fuori sopra sotto – la colpa è di tutti tranne che di colui che al momento sta urlando più forte il suo odio, con immane certezza.» scrive Giovanna Nuvoletti nel suo Editoriale del nulla su La Rivista Intelligente, ottimo esempio di stile innanzitutto letterario. E aggiunge: «L’odio trilaterale. O anche esagonale. L’odio intestino e intestinale. All’interno di ogni odio altri miniodi reciproci sprizzano». Si riferisce anche a incroci e relazioni  sul web. Perciò, io direi: cerchiamo di essere più intelligenti anche noi.

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One Response to “La sindrome del semaforo”

  1. Ha ragione! Bell’ articolo. Se ci si sente bene con se stessi, questa sensazione di serenità rende le cose più facili a tutti. E’ come una medicina. Gentilezza chiama gentilezza.
    Non sempre…ma qualche volta sì.